È stato di cinque medaglie (tre d’oro, una d’argento e una di bronzo) il bottino degli azzurri ai campionati mondiali paralimpici di Granada (Spagna), risultato di assoluta rilevanza.

Della squadra nazionale paralimpica, guidata magistralmente dal Direttore Tecnico messinese Alessandro Arcigli e dai tecnici Massimo Pischiutti e Hwang Eunbit, hanno fatto parte anche gli atleti Andrea Borgato (Radiosa) e Raimondo Alecci (T.T. Olimpicus), che hanno lasciato il segno e dimostrato una sportività non comune a tutti gli atleti.

Al loro rientro dalla Spagna, cogliamo le impressioni di entrambi iniziando con Borgato, punto di forza della Radiosa, che ha conquistato una splendida medaglia di bronzo nella classe 1.

“L’emozione di disputare un mondiale c’è sempre; sono tante le aspettative e, per presentarsi nelle migliori condizioni possibili, si deve lavorare duramente perché è tanta la voglia di far bene - afferma Borgato”.

-Il tuo palmares è ricco di successi di prestigio; a distanza di otto anni dai mondiali di Pechino, che sensazione hai provato nel riconquistare la medaglia di bronzo?

“È stato molto bello ed emozionante; i risultati in singolare in grandi manifestazioni internazionali mancavano da un po’. Certamente, nel corso di questi anni, ci sono stati dei miglioramenti tecnici ed atletici, ma essere fra i primi quattro atleti al mondo è davvero una grande gioia”. 

-Durante la partita una tua caratteristica è quella di cambiare tattica di gioco in base all’avversario che hai di fronte: è un tuo punto di forza?

“Mi sforzo di trovare soluzioni diverse se quello che si è pianificato per una partita non funziona. Sicuramente, una mia prerogativa è di avere una certa sensibilità di mano e di giocare tanti colpi a ridosso della rete, per creare delle difficoltà agli avversari. Tutto questo che poi si è perfezionato nel corso degli anni, mi è stato impostato dal mio primo allenatore, il compianto Giovanni Bruttomesso".

-Prima dei mondiali pensavi di riuscire a conquistare il podio?

“Indubbiamente era una mia aspirazione. La novità dell’eliminazione diretta costituiva un grave pericolo: si poteva verificare di affrontare subito un top player e uscire al primo turno. È stato importante gestire bene questa preoccupazione e presentarsi in campo ben decisi a dare il meglio”.

-Quando hai pensato concretamente di poter andare avanti?

“Già negli ottavi, contro il coreano Sung Joo Park, n. 5 al mondo, che ho superato per 3-0, ho compreso che potevo farcela. Era un avversario che temevo; ad inizio d’anno, in un torneo in Slovenia, mi aveva sconfitto. Durante l’incontro mi sono trovato sotto nel punteggio, ma ho saputo recuperare e, una volta riuscito nell’intento, ho creduto ancora di più nelle mie possibilità. I servizi corti sono stati abbastanza precisi e penso che questa sia stata la strategia più congeniale da adottare con quel tipo di avversario. Nei quarti, contro il cileno Vicente Leiva, è stato difficile anche perché soffrivo di pressione bassa. Grazie alla mia esperienza e alla forza mentale sono riuscito a venirne fuori e a domare un insidioso avversario, imponendomi per 3-1. In semifinale, affrontando il coreano Nam Kiwon, n. 3 al mondo e testa di serie n. 2, ho mancato di chiudere in mio favore il primo set, perso ai vantaggi ed è forse questo un mio rammarico, ma ho cercato sempre di dare il massimo e non mi rimprovero nulla. È giusto che sia stato Kiwon a superarmi 3-1, perché si è dimostrato più forte”.

-A chi dedichi la medaglia di bronzo?

“Sono numerose le persone che meriterebbero una piccola porzione di medaglia. Inizierei con il menzionare mia madre e mia sorella, che mi supportano e sopportano giorno dopo giorno. Poi come non ricordare il mio primo allenatore Giovanni Bruttomesso, scomparso qualche anno fa, che mi ha avviato nel bellissimo e pazzo mondo del tennistavolo. Mi sembra doveroso dedicare questa medaglia all’intero staff della nazionale, un gruppo fenomenale, che mi ha sempre sostenuto, con in testa il Direttore Tecnico Alessandro Arcigli e i tecnici Massimo Pischiutti e Hwang Eunbit. Un ringraziamento devo estenderlo alla Radiosa, una società fantastica, che mi fa sentire come in famiglia. Sicuramente mi scordo di menzionare tanti altri che mi sono stati vicini e non vorrei far torto a nessuno e chiedo scusa anticipatamente per qualche dimenticanza”.

Alecci, pur non raggiungendo il podio, ha destato un’ottima impressione per la caparbietà che fa parte del suo DNA.

“Partecipare per la terza volta ad un mondiale è stato come prendere parte ad un torneo internazionale più importante, da vivere intensamente - dice Alecci”. 

-La determinazione messa in campo per riprenderti dal pesante infortunio, che ti ha costretto ai box per lungo tempo, ti ha premiato…

“Sono contento di essere riuscito a centrare la qualificazione per il mondiale, anche se ho giocato come se avessi il freno a mano tirato. Mi preoccupavo di farmi di nuovo male al ginocchio, che tanti problemi mi aveva procurato, ed ho giocato un po’ condizionato”.

-In doppio con Matteo Parenzan siete stati ad un passo dal podio…

“Dopo aver superato negli ottavi i cileni Matias Pino e Cristian Dettoni per 3-1, nei quarti, dopo essere passati in vantaggio per 2-1 siamo stati sconfitti al quinto set dalla coppia inglese, formata da Paul Karabardak e Billy Shilton. È stata, in ogni caso, una bellissima esperienza, non solo in quanto siamo stati gli unici a mettere in difficoltà i britannici, che hanno dimostrato tutto il loro valore aggiudicandosi l’oro, ma anche perché abbiamo sfiorato la conquista di una medaglia a cui nessuno credeva. Era la prima volta che con Matteo partecipavamo, in doppio, ad un evento così importante e siamo stati contenti del nostro rendimento”.

-In singolare, nei sedicesimi, hai perso contro l’australiano Trevor Hirth per 3-1, ma in maniera tirata

“Purtroppo non è andata bene; in precedenza l’avevo affrontato, vincendo per 3-0. Sentivo la pressione del nuovo regolamento dei campionati mondiali dove, a differenza delle precedenti edizioni, si iniziava con l’eliminazione diretta e non c’era, quindi, la possibilità di recuperare una eventuale sconfitta. Probabilmente, la stessa tensione ha bloccato anche il numero uno della categoria, che è stato eliminato al primo turno. Comunque, devo complimentarmi con Hirth che non ha rubato nulla: ha giocato meglio ed è giusto che sia stato lui ad andare avanti”.

-Nel complesso è stata un’esperienza positiva

“Su questo non ci piove: partecipare ad un mondiale rappresenta pur sempre qualcosa di fantastico. In classe 6 la medaglia d’oro l’ha vinta il mio compagno di doppio Matteo e, proprio per questo, la sento un po’ anche mia e ne sono ugualmente soddisfatto”.   

 

(Mario Lo Presti)

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